9 dicembre 2007

Colpevole di sodomia a 13 anni. Eseguita condanna a morte.


Sesto minorenne al momento del reato messo a morte in Iran. Lo sdegno di Amnesty International, che aveva inviato migliaia di appelli alle autorità di Teheran.

Quella di Makwan Moloudzadeh, avvenuta il 5 dicembre nella prigione di Kermanshah, è stata la sesta esecuzione di un minorenne al momento del reato dall’inizio dell’anno in Iran.

“L’uso della pena di morte in Iran ha raggiunto livelli aberranti: tra le persone già messe a morte o a rischio di esecuzione quest’anno vi sono omosessuali, adulteri, prigionieri di coscienza, giornalisti. L’Iran è il paese che dal 1990 ha assassinato il maggior numero di minorenni all’epoca del reato, 28 in totale, in violazione del diritto internazionale che impedisce queste esecuzioni” – ha dichiarato Paolo Pobbiati, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International.

Makwan Moloudzadeh, curdo iraniano di 21 anni, era stato condannato a morte il 7 luglio 2007 per il presunto stupro di un tredicenne avvenuto nel 1999, quando anch’egli aveva 13 anni. Meno di un mese fa pareva che la Corte suprema, dopo aver ratificato la condanna, avesse accettato di esaminare il caso.

Moloudzadeh era stato arrestato il 1° ottobre 2006 a Paveh, nella provincia di Kermanshah. Dopo essere stato sottoposto a numerosi interrogatori, durante i quali aveva subito maltrattamenti, la Corte penale di Kermanshah lo aveva processato e condannato a morte per “atti omosessuali”. Nonostante la legge iraniana preveda che gli atti omosessuali commessi da minori di età non superiore a 14 anni e mezzo debbano essere puniti con la fustigazione, il giudice aveva esercitato il proprio potere discrezionale stabilendo che Moloudzadeh, che aveva raggiunto la pubertà all'epoca del reato, dovesse essere condannato a morte come un adulto.

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