28 aprile 2007

Violenza e criminalità: gli psicofarmaci c'entrano qualcosa?


Cho Seung-Hui, il coreano di 23 anni che ha compiuto la strage al campus del Virginia Tech, faceva uso di Prozac. Anche il 18enne Eric Harris, che a Columbine nel '99 uccise, assieme a un suo compagno, dodici persone, ferendone altre ventitré, faceva uso di psicofarmaci. Chi se lo ricorda? Basta dare un'occhiata alla cronaca nera per rendersi subito conto di come queste sostanze siano correlate a un gran numero di casi di violenza inaudita, di stragi famigliari e di omicidi.
L'Italia non è certo immune da questo. Solo nelle ultime settimane ricordiamo due fatti:

1) Il 21 aprile, Stefano Cordioli, di 25 anni, è entrato nella questura di Verona, armato; ha minacciato prima un ispettore di polizia, poi il questore. Per fortuna il criminale è stato subito arresto, prima di giungere a una strage.
L'uomo faceva uso di psicofarmaci. [1]

2) Il 18 aprile, a Primavalle, una donna di 64 anni si è tolta la vita utilizzando il cavo elettrico del televisore. Anche lei faceva uso di psicofarmaci. [2]

L'FDA ha più volte ribadito la pericolosità di questi "farmaci", che possono causare pensieri suicidi o omicidi. La guida all'uso dei farmaci fornita dal Ministero avverte: “L’ideazione suicida è stata posta in relazione con alcuni SSRI, in particolare fluoxetina, ma non è stato stabilito un rapporto di causa ed effetto”.
Secondo l'OSMED non è nemmeno un caso che gli omicidi siano aumentati, in concomitanza a un incremento nei consumi di antidepressivi, mentre la criminalità organizzata e il furto si sono addirittura ridotti.

Alla luce di questi fatti non possiamo attribuire al disagio psichico tutte le colpe, esistono ormai evidenze scientifiche della relazione tra suicidio/omicidio e psicofarmaci, giungendo al paradossale epilogo di causare la "malattia" che si tenta di curare.

[1]
[2]

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